Una sezione della Cassazione è tornata a pronunciarsi (sentenza n. 7320 del 22/3/2013) sulla questione dei limiti di reddito delle pensioni per gli invalidi civili totali ed ha affermato che il reddito da prendere in considerazione come tetto massimo (euro 16.127,30) per avere accesso alla strabiliante somma di euro 275,87 mensili debba essere il reddito coniugale e non quello personale dell'invalido al 100%.
A fine dicembre 2012 l'INPS diramò una circolare (n.149/2012) che, richiamandosi ad un'altra e precedente sentenza della Cassazione, disponeva che dal 2013 il tetto reddituale per gli invalidi civili totali fosse quello "coniugale". A seguito delle proteste corali sollevate anche dalle associazioni dei disabili e dei malati (tra cui anche FAVO) il Ministro Fornero intervenne sull'INPS invitando l'ente a sospendere l'applicazione di detta circolare cosa che l'INPS fece rapidamente con il messaggio 717 del 14/1/2013.
Ora con la nuova pronuncia della Suprema Corte la questione torna di scottante attualità anche se, è bene sottolinearlo, la sentenza pur se costituisce un riferimento come precedente giurisprudenziale, vale solo tra le parti in giudizio.
Per bloccare l'estensione della nuova interpretazione data dalla Cassazione (che in passato, invece, si era espressa in modo opposto, sostenendo la prassi amministrativa di considerare il reddito del solo disabile) della confusa normativa in materia, serve una legge o decreto di chiarimento o interpretazione autentica e non può essere sufficiente una eventuale nuova sentenza, né una circolare amministrativa.
La preoccupazione di una deriva a danno delle persone con gravi disabilità è lecita e comprensibile poiché a farne le spese sarebbero i pensionati con invalidità TOTALE (e non gli invalidi parziali) se coniugati!
Il limite indicato dalla Cassazione che si basa sui redditi "coniugali" dell'invalido presenta diversi profili di illegittimità poiché è evidentemente discriminatorio rispetto alla disciplina prevista per gli invalidi parziali (limite di reddito personale e non coniugale) oltre ad essere incostituzionale e discriminatorio perché penalizza i coniugi rispetto alle famiglie di fatto o rispetto ad altri nuclei familiari ove non vi sia un coniuge vivente (ad es. l'invalido-vedovo che convive con i figli percettori di reddito o il figlio invalido totale che convive con i genitori percettori di reddito).
E' necessario tenere alta la guardia e restare uniti per evitare di rimanere attoniti e inerti spettatori dello smantellamento dello stato di diritto non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello assistenziale, veri e propri pilastri dei principi costituzionali di tutela della salute e della solidarietà civile che contraddistingue il nostro Paese.
Elisabetta Iannelli
Segretario Generale FAVO
Per approfondire, alcuni link:
- Handylex