Onconews, anno XIV, numero 3, maggio-giugno 2009
Sono circa 2 milioni gli italiani che nel corso della loro vita hanno avuto una diagnosi di tumore. I nuovi casi nel 2008 sono stati 431 ogni 100.000 abitanti per le donne e 483 per gli uomini; Liguria e Friuli Venezia Giulia sono le regioni con il più alto numero di pazienti. La mortalità per tumore rappresenta in Italia il 30 per cento circa del totale dei decessi annui, ma la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi migliora costantemente, ed è pari – secondo gli ultimi dati disponibili – al 47 per cento, quindi in linea con la media europea.

I dati generali mostrano dunque che si tratta di una patologia ormai cronica e di massa, tanto che nel periodo 1998-2008 circa il 57 per cento delle inabilità pensionabili accolte dall’Inps nei confronti dei lavoratori assicurati presso l’Istituto era ascrivibile a patologie tumorali; nello stesso periodo le invalidità pensionabili ascrivibili alle patologie tumorali sono state più di 89.000 e dal 2005 sono al primo posto tra le cause di riconoscimento, avendo per la prima volta superato numericamente e percentualmente quelle ascrivibili alle malattie del sistema circolatorio. Per quanto riguarda l’accertamento dello status di invalidità civile nei malati oncologici l’Inps, attraverso le sue Commissioni Mediche, è riuscita, nel 2008, a provvedere alla disamina della quasi totalità dei verbali trasmessi dalle Asl nell’arco temporale di 30 giorni; ciò, in assenza di uno specifico obbligo di legge, in quanto la Legge 80/2006 impone solo alle commissioni mediche delle Asl che l’accertamento sanitario relativo alla invalidità civile per i soggetti con patologie oncologiche debba avvenire entro 15 giorni. L’esistenza di diversi soggetti istituzionali con potere concessorio (Regioni, Province, Comuni, Prefetture, Inps) determina una disomogeneità nei tempi di pagamento delle prestazioni economiche per invalidità civile, disomogeneità che potrebbe essere risolta attribuendo a un unico soggetto il compito. La ricerca ha inoltre mostrato varie difformità, se pur minime, nell’accesso alle opportunità di cura e trattamento per i pazienti delle varie regioni, per quanto riguarda i farmaci e, in particolare:

  • nelle modalità e nei tempi di accesso: nelle 14 regioni con Prontuari Terapeutici Regionali, si possono determinare ritardi di accesso a causa dei tempi impiegati dalle Commissioni preposte per autorizzare, dopo che un farmaco è stato varato dall’Aifa, l’inserimento del farmaco stesso nel Prontuario Terapeutico Regionale, mentre le regioni che effettuano un’ammissione automatica alla rimborsabilità dei farmaci autorizzati dall’Aifa (come Piemonte e Lombardia) riescono probabilmente ad avere un accesso più rapido;
  • nell’accesso ai nuovi farmaci antiblastici: dall’analisi relativa al loro inserimento o meno nei Ptr (laddove questi ultimi esistono) sono emerse alcune difformità, come per esempio, il fatto che in Emilia Romagna non è inserito nel Ptr uno dei farmaci, oppure che in alcune regioni è necessario redigere per determinati farmaci una richiesta motivata personalizzata (dati Aiom).


Altre discrepanze riguardano le differenze regionali nelle prestazioni specialistiche extraospedaliere di oncologia, con variazioni nelle prestazioni rese per 1.000 abitanti che oscillano tra 13,23 prestazioni in Campania (13,90 in Abruzzo) e 172,88 nella Provincia Autonoma di Bolzano (127,67 in quella di Trento), nelle prestazioni di radioterapia per regione (da 419,10 per 1.000 abitanti in Molise a un minimo di Basilicata e Valle d’Aosta dove il dato è inferiore all’1 per mille), nell’assistenza domiciliare integrata (casi trattati per 1.000 abitanti, si va da 0,53 casi in Valle d’Aosta a 21,63 casi in Friuli-Venezia Giulia) e nelle ore totali di assistenza domiciliare per caso trattato (da 12 ore in Molise a 183 ore in Valle d’Aosta). Per quanto concerne la radioterapia, dall’ultimo Censimento Airo 2008, le differenze tra il Nord e il Centro-Sud appaiono evidenti se si considera che su 125.007 pazienti che nell’anno 2007 hanno avuto accesso ai 150 centri distribuiti sul territorio nazionale, il 58 per cento ha ricevuto il trattamento presso i centri del Nord Italia e il 42 per cento presso i centri del Centro-Sud. Varie possono essere le motivazioni alla base di questo dato: migrazione dei pazienti, mancata indicazione al trattamento radioterapico ma anche diversa organizzazione in merito alla distribuzione delle risorse umane (personale tecnico, medico, fisico- sanitario, infermieristico e amministrativo) ed economiche.

Difformità emergono anche per quanto riguarda le prestazioni specialistiche extraospedaliere di medicina fisica e riabilitativa. Nonsolo il dato del Sistema Informativo Sanitario non distingue all’interno della rilevazione la parte di prestazioni riguardanti le patologie oncologiche, ma anche con riferimento al complesso delle prestazioni per tutte le patologie che necessitano di assistenza specialistica fisiatrica, i dati del 2007 mettono in risalto discrepanze notevoli tra le 178,51 prestazioni fisiatriche erogate in Toscana per 1.000 abitanti e le 3.744,86 erogate in Basilicata. Ma è con riferimento all’Assistenza domiciliare integrata (Adi) che i dati ufficiali mettono in luce aspetti che preoccupano notevolmente i malati oncologici. Le prestazioni dell’Adi sono riservate prevalentemente alle persone anziane e i malati oncologici vi figurano soprattutto tra i pazienti terminali (8,08 per cento delle persone assistite in Adi). In termini quantitativi, poi, l’assistenza resa dal Sistema sanitario è di modesta entità, con una media nazionale di 8,03 casi trattati ogni 1.000 abitanti e una media di 22 ore d’assistenza resa per caso trattato (di cui 15 a opera di infermieri, 4 di terapisti della riabilitazione e 3 di altre figure, in prevalenza di assistenza sociale). Anche nel caso dell’Adi, le differenze tra regioni sono marcate, variando da 1,18 casi di Assistenza domiciliare per 1.000 abitanti in Valle d’Aosta (1,40 nella Provincia autonoma di Bolzano e 2,55 in Sicilia) a 34,11 casi in Puglia (20,50 in Friuli-Venezia Giulia). Importante il giudizio delle associazioni del volontariato oncologico sull’offerta, che è molto diversificato: a livello nazionale il 51,3 per cento delle associazioni esprime un giudizio molto o abbastanza positivo sull’operato della sanità in ambito oncologico, ma al Nord è il 64,2 per cento delle associazioni a dare un giudizio positivo, solo il 46,5 per cento al Centro e meno del 29 per cento al Sud.

 Le associazioni esprimono giudizi particolarmente positivi per la terapia farmacologica (quasi il 93 per cento definisce molto o abbastanza positiva questa prestazione), per la terapia chirurgica e radioterapica (72,6 per cento) e per la diagnostica (71,6 per cento); molto meno positivi i giudizi relativi alla prevenzione (è poco più del 48 per cento a dare un giudizio molto o abbastanza positivo) e alla riabilitazione (42 per cento); ancora più bassi quelli per l’assistenza domiciliare, valutata positivamente dal 34 per cento, e per l’informazione, con il 33,7 per cento di giudizi positivi. Risultano particolarmente carenti, specie nel Sud e nelle Isole, i servizi di supporto psicologico, visto che secondo le associazioni beneficia del sostegno psicologico offerto dalle Asl poco più del 26 per cento dei pazienti, con una punta di oltre il 38 per cento al Nord, mentre al Sud la quota scende al 12 per cento (discrepanze confermate da dati Aiom secondo i quali i servizi di sostegno psicologico attivati nei centri di oncologia medica oscillano tra 0,83 per 100 mila abitanti in Umbria e 0,15 in Puglia). Per oltre il 91 per cento delle associazioni esistono barriere all’accesso, il 63,5 per cento denuncia la carenza e la scarsa chiarezza delle informazioni sui soggetti ai quali rivolgersi, per il 57,6 per cento esiste una carenza di psicologi. Sul tema essenziale dell’informazione per i pazienti e le loro famiglie, dai dati emerge che, se in ambito clinico la principale fonte informativa per i pazienti e i familiari sono i medici oncologi, indicati da quasi l’87 per cento delle associazioni, in ambito socio-assistenziale sono le associazioni a rappresentare la fonte più importante di informazioni. Una delle misure più utili per affrontare organicamente il problema delle disparità sul piano nazionale è la sollecita approvazione del Piano Oncologico Nazionale, prevista da norme di legge a oggi inapplicate.

Questi sono alcuni dei risultati emersi da una ricerca condotta dal Censis in collaborazione con Favo, e con la partecipazione di Aiom, Airo e Inps, volta a delineare i tratti principali della risposta sanitaria ai bisogni assistenziali dei malati di tumore, e basata su una pluralità di metodologie e attività: una rielaborazione dei dati strutturali e di quelli di varie indagini già realizzate, come il Libro bianco sull’oncologia (Aiom), il Libro bianco sulla riabilitazione oncologica (Favo, Ircss) e il Rapporto sulla radioterapia in Italia (Airo); un’indagine originale con un ampio panel di associazioni del volontariato oncologico centrata sull’assistenza domiciliare, il sostegno psicologico e l’informazione; una seconda indagine originale con un panel di strutture sanitarie centrata sulla disponibilità di informazioni per i pazienti oncologici.