Era attesa ed è arrivata. Nell’attuale Semestre di presidenza slovena, che ha fatto della lotta al cancro una delle  priorità nel 2008, la Risoluzione delinea una strategia comunitaria che per la prima volta tiene conto dell’Unione allargata a 27 paesi membri. L’approvazione del testo, avvenuta il 10 aprile scorso, è stata preceduta sia da una serie di interrogazioni parlamentari sia da iniziative dell’European Cancer Patient Coalition (ECPC), l'“associazione europea delle associazioni” in difesa dei malati oncologici, della quale AIMaC è stata co-fondatrice e alla quale anche Favo aderisce. Durante l’elaborazione della Risoluzione, la ECPC ha svolto un ruolo importante, tanto da influenzare positivamente i suoi contenuti.
Creazione di una task force europea contro il cancro e di un comitato consultivo sulla prevenzione, lotta al tabacco e alle sostanze cancerogene in particolare se presenti sui luoghi di lavoro, promozione delle campagne per lo screening precoce, appello alla trasparenza degli studi clinici e all’informazione corretta per agevolare l’arruolamento dei pazienti, istituzione di un registro dei tumori europeo,  raccomandazione all’equità nell’accesso ai migliori trattamenti e ai farmaci antitumorali innovativi, incoraggiamento delle cure palliative: questi gli impegni principali assunti dalla Risoluzione, che interviene anche su temi di carattere sociale.  Essa invita  a redigere una Carta europea per la protezione dei pazienti oncologici (e delle persone affette da handicap) sul lavoro allo scopo di responsabilizzae le imprese sulla continuità occupazionale dei pazienti in cura antitumorale e sul loro reinserimento nel mondo produttivo. Quindi, esorta gli Stati membri a adottare Carte analoghe che prevedano anche la partecipazione dei malati alla definizione delle politiche sanitarie.

Come è noto,  l’Italia è finora l’unico paese UE ad aver varato una legislazione apposita per fare sì che il lavoratore malato non venga espulso dal processo produttivo, e il merito della primazia va sen’altro ascritto ad AIMaC  che ha  saputo esercitare una adeguata pressione sul Parlamento. Ci riferiamo alla  norma del part-time contenuta nella “Legge Biagi” del 2003 che  riguardava però solo i dipendenti del settore privato. Ma in occasione dell’iter che ha portato all’approvazione della Legge Finanziaria 2008, oltre a AIMaC si è mobilitata anche Favo cosicché è stato possibile  estendere la norma anche  ai dipendenti del pubblico impiego e, in diversa misura,  ai familiari o conviventi che assistono il malato. Così oggi tutti i lavoratori dipendenti con posto fisso hanno un valido strumento per passare dal tempo pieno al part-time durante le fasi difficili delle cure antitumorali per poi poter riprendere il normale orario di lavoro, mentre i loro familiari, se lavoratori, acquisiscono un titolo preferenziale rispetto ai colleghi nel mutare l'orario di lavoro (da tempo pieno a tempo parziale) per prendersi cura del congiunto affetto da neoplasia.  Il metodo attraverso il quale si è arrivati a all’importante modifica è stato rigorosamente bipartisan: la proposta è partita dal Senato per iniziativa di Maurizio Sacconi, in qualità di responsabile del dipartimento Lavoro di Forza Italia, ed è quindi passata alla Camera con l’appoggio della deputata Elena Cordoni del Partito Democratico. In un momento in cui tanto in Europa quanto in Italia il discorso   sull’incidenza delle neoplasie sulla vita economica e sociale dei malati è quanto mai in auge (sportello cancro), AIMaC e Favo intendono dare un seguito ai risultati legislativi raggiunti, impegnandosi - nelle modalità che risulteranno più opportune – nella concreta applicazione  dell’importante norma sui posti di lavoro.

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