Roma, 8 novembre – Poco più di 2,2 milioni di persone. La base elettorale di un partito di medie dimensioni. O la popolazione di una grande capitale europea come Parigi. Sono gli italiani che oggi vivono in Italia avendo o avendo avuto una diagnosi di cancro. Oggi ci si ammala di più, si muore di meno e si può convivere con il cancro anche per anni

: il tumore tende ad essere sempre di più una malattia 'cronica', nonché una 'patologia sociale di massa', con un impatto sulla società che va ben al di là degli aspetti strettamente sanitari. “Il tumore è una patologia sociale, perché se colpisce la 'salute' delle persone e chiede una risposta medica e assistenziale all’altezza, coinvolge anche la 'vita' delle persone, i ruoli sociali, l’insieme delle attività e le relazioni”, afferma il presidente del Censis Giuseppe De Rita. “La diagnosi di tumore è un lifechanging event, perché impone un'improvvisa trasformazione della propria vita, in tutti i suoi aspetti e ambiti”. E per la prima volta, ai problemi e alle speranze dei pazienti viene data voce attraverso “AD ALTA VOCE", la prima grande indagine nazionale sui pazienti oncologici realizzata dal Censis in collaborazione con Favo e le associazioni federate.

Indagine che rivela un’assistenza a due facce. I pazienti valutano positivamente la qualità dell’assistenza erogata dal Servizio Sanitario. E’ invece negativo il giudizio sui servizi sociali, su quelli del territorio e sulle varie forme di tutela, inclusi i supporti economici. Il 77% dei pazienti giudica ottimi (25,7%) o buoni (51,6%) i servizi sanitari con cui sono entrati in contatto dal momento della diagnosi. Un ulteriore 18% li giudica sufficienti e meno del 4% insufficienti. Gli aspetti maggiormente apprezzati sono la capacità professionale degli operatori sanitari (medici e infermieri), valutata positivamente da circa l'80% dei pazienti, la qualità dei servizi di day hospital e ambulatoriali (78,2%) come anche di quelli degli ospedali e dei luoghi di ricovero (77,4%). Due terzi dei pazienti (65,6%) sono però convinti che esistano disparità territoriali nella qualità di alcuni servizi erogati e nell’accesso alle cure più efficaci e innovative. Lo conferma anche il fatto che per gestire una o più fasi della malattia (diagnosi, intervento, terapie), il 21% dei pazienti si rivolge a strutture di regioni diverse da quelle di residenza. Il Servizio Sanitario Nazionale, dunque, risponde alle aspettative di cura delle persone con tumore; mentre la bocciatura arriva invece sul fronte dell'assistenza sociale. "E’ il volontariato oncologico ancora una volta a supplire a gravi carenze delle istituzioni, non soltanto con servizi mirati - accompagnamento, riabilitazione, informazioni personalizzate, assistenza domiciliare, cure palliative e sostegno psicologico - ma anche attraverso la sollecitazione e l’ottenimento di norme legislative per la tutela sul lavoro" sostiene Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO. "Una larga maggioranza dei malati intervistati e dei loro familiari ha espresso inoltre crescenti preoccupazioni e timori per i possibili ulteriori tagli al budget del Servizio Sanitario Nazionale. La preoccupazione più rilevante riguarda l’accesso alle nuove terapie e l’assistenza agli anziani." L'indagine Censis rivela che solo il 45% dei pazienti ritiene buoni o ottimi i servizi sociali, mentre il 13,6% esprime un giudizio di insufficienza; addirittura, il 21% degli intervistati afferma di non poter valutare i servizi sociali, per l’estraneità a questa rete, che nella cronicizzazione della patologia dovrebbe invece essere centrale. Molto negativo è il giudizio sull’assistenza domiciliare, giudicata insufficiente dal 42% degli intervistati, mentre un capitolo ancora più dolente è quello delle tutele economiche, che la metà dei pazienti definisce insufficienti, a fronte dell’impatto che i costi della patologia hanno sui propri bilanci e su quelli dei familiari.

"Finalmente comincia a diffondersi la percezione che i tumori non sono un male incurabile. Di conseguenza acquistano maggior peso le preoccupazioni e le implicazioni su tutto ciò che è extra-sanitario: come conciliare le terapie con il lavoro, come mantenere il più possibile le proprie abitudini e il proprio stile di vita" sostiene Marco Venturini, Presidente AIOM. "L'esperienza clinica conferma che poter dare risposte a questi interrogativi migliora notevolmente la qualità di vita del paziente e la capacità di reagire alla malattia". Gli aspetti legati al lavoro e all’inserimento sociale contribuiscono in misura notevole a fare dei tumori una grande questione sociale: se il netto miglioramento delle terapie antitumorali ha ridotto drasticamente - da 17 a 4 mesi - l’intervallo tra l’intervento chirurgico o i trattamenti e il reingresso nella vita quotidiana, il paziente trova ancora oggi ostacoli di natura sociale, ad esempio nel lavoro. Negli ultimi 5 anni sono state quasi 85mila le persone licenziate, costrette alle dimissioni o comunque estromesse dal lavoro a seguito delle conseguenze della diagnosi di tumore. L'aspetto che più di tutto pesa nella condizione dei pazienti oncologici, e aleggia in tutta la ricerca del Censis, è l’incertezza per il futuro. Oggi i pazienti chiedono alla Sanità non la semplice sopravvivenza, ma una capacità di intervento che acceleri il ritorno alla normalità: di fronte alla crisi finanziaria, il Servizio sanitario saprà ancora garantirla? Una quota rilevante del campione ne dubita: il 29,5% dei pazienti teme che le difficoltà di bilancio della sanità condizionino la messa a disposizione delle terapie oncologiche innovative, più mirate e con minori effetti collaterali, come i farmaci biologici; e il 25,7% è preoccupato delle possibili disparità regionali nell’accesso alle cure che contribuiscono in misura determinante ad assicurare un rapido rientro nella vita sociale.

"Anche grazie alla ricerca, le condizioni di vita sono molto migliorate, e questo è stato percepito dai pazienti, che infatti si aspettano farmaci sempre più innovativi” commenta Maurizio de Cicco, Amministratore Delegato di Roche S.p.A “Purtroppo le preoccupazioni per il futuro emerse dall’indagine rischiano di essere fondate. Il difficile quadro economico e un contesto italiano non favorevole all’innovazione che troppo spesso risponde alle esigenze di contenimento della spesa con interventi di breve periodo e non con misure strutturali, possono disincentivare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo. A questo si aggiungono problemi noti quali la burocrazia e i ritardi che rischiano di creare disparità tra i pazienti italiani e quelli europei, nonché tra le diverse aree del nostro Paese. Come azienda leader in oncologia sentiamo la responsabilità di continuare a collaborare con le istituzioni nazionali e regionali per una innovazione sostenibile. Auspichiamo pertanto che i bisogni dei pazienti, che emergono “ad alta voce” da questa indagine, vengano ascoltate e che si diano loro risposte concrete”. I risultati della ricerca AD ALTA VOCE rappresentano dunque, oltre che un riferimento internazionale di altissimo livello nell’ambito dei lavori sugli impatti socioeconomici del tumore, il punto di partenza per promuovere una maggiore consapevolezza collettiva sulla reale condizione dei pazienti oncologici e delle loro famiglie, e per misurarsi concretamente con le soluzioni necessarie per rispondere alle criticità e alle aspettative che emergono dall'indagine. I dati della ricerca AD ALTA VOCE sono disponibili sui siti www.adaltavoce.info e su www.favo.it

 

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