Corriere della Sera del 21/10/2008

Centri per lo più pubblici, pochissimi per gli stomizzati e gli incontinenti. Il ministro Sacconi: «Inseriremo i trattamenti nei Lea»

Una postura scorretta, il respiro affannoso, il braccio gonfio, la fatica di mangiare, camminare o parlare, il timore di non recuperare la continenza o di non liberarsi dal dolore. Chi ha o ha avuto un tumore (due milioni di persone in Italia) spesso si porta appresso un fardello pesante di disabilità e disagi, che ancora troppe volte vengono dimenticati o sottovalutati durante il percorso di cura. Tutt’altro che marginale nel recupero della migliore qualità di vita possibile durante e dopo la malattia, la riabilitazione oncologica non di rado resta invece una cenerentola tra le fasi di trattamento, a volte un lusso, altre un’opportunità mancata.

IL CENSIMENTO - Ma qual è il problema? Mancano le strutture, gli specialisti, i fondi oppure l’informazione? Se ne sa poco, non ci sono dati o statistiche a livello nazionale. Ora, associazioni di volontariato e specialisti hanno cercato le risposte, fotografando la situazione. E’ nato così il Libro bianco sulla riabilitazione oncologica, il primo censimento sulle strutture esistenti in Italia. Promosso dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), con la collaborazione di vari istituti a carattere scientifico, Regioni e società scientifiche, è stato presentato il 21 ottobre in Senato.

PUBBLICI SETTE CENTRI SU DIECI – Il censimento ha registrato 315 centri che fanno trattamenti riabilitativi per malati di cancro. Dei 228 di cui si sa a quale struttura sanitaria appartengono, quasi il 70 per cento è pubblico e un po’ più del 30 per cento è privato o gestito da volontari. Nella maggior parte dei casi si occupano anche di pazienti oncologici, ma non solo (nel 55 per cento dei casi, anzi, questi malati rappresentano una minoranza degli assistiti). Sono pochissimi, appena 39, i luoghi dove si seguono i bambini.

NON SI GIOCA D’ANTICIPO – Quasi sempre si arriva a chiedere la valutazione di un fisiatra o di altro specialista quando compaiono problemi (45 per cento dei casi) o dopo un intervento (35,5 per cento). Solamente in otto casi su cento si pensa ad un programma di riabilitazione prima di eseguire un intervento. La scarsa programmazione, probabilmente, non aiuta ad alleggerire le liste d’attesa, che però sembrano un problema serio per una minima parte dei centri interpellati: solo tre (su 209 centri che hanno fornito informazioni sui tempi) fanno aspettare più di un mese, mentre 70 iniziano il trattamento entro una settimana dalla visita.

I DISTURBI DIMENTICATI – Le risorse riabilitative non sono equamente distribuite fra le varie patologie. A fronte di una buona offerta per le disfunzioni legate ai tumori del seno (linfedema, o «braccio gonfio», motilità della spalla e cicatrici), trattati in 186 centri, altre disabilità rischiano di restare «orfane». E’ il caso delle persone stomizzate e incontinenti, per le quali è ben più difficile trovare aiuto (appena nove centri) se non grazie agli ambulatori gestiti dalle associazioni attive per i tanti malati colpiti da tumori colo rettali e portatori di stomia (45mila in Italia, secondo l’Aistom). Inoltre, in 82 strutture si curano i problemi legati alla patologia cervico-cefalica, in 37 le disfunzioni respiratorie, in 14 quelle neurologiche.

BENE TOSCANA, PIEMONTE E VALLE D'AOSTA - Come far funzionare meglio le cose? Da quanto è emerso dall’indagine, secondo Elisabetta Iannelli, segretario di Favo, non c’è bisogno di grandi investimenti: «In realtà ci siamo accorti che gran parte dei costi sono già presenti nella spesa del Servizio sanitario nazionale, ci vorrebbe soltanto una migliore organizzazione e integrazione dei servizi. Ci sono riuscite, ad esempio, la Toscana, il Piemonte e la Valle d’Aosta, che hanno messo in piedi delle reti oncologiche in grado di gestire in maniera soddisfacente tutto il percorso del malato, dalla diagnosi alla riabilitazione». Molti pazienti (e forse molti medici), infatti, non sono al corrente delle opportunità presenti sul territorio, scarseggia ancora la circolazione delle informazioni e la presa in carico globale dell’ammalato da parte del servizio sanitario. «E questo è il vero costo – ribadisce Iannelli – perché aldilà dell’aspetto puramente etico, rimettere un individuo in condizione di tornare ad una vita normale è anche un buon investimento: significa avere una persona produttiva e che non necessita di assistenza. Nel bilancio complessivo, sono due più a fronte di un meno».

LE PROPOSTE – Sono due le proposte emerse dal confronto tra associazioni e governo in occasione della presentazione del Libro bianco. In primo luogo, Maurizio Sacconi, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ha dichiarato l’intenzione di «portare alla conferenza Stato-Regioni un addendum, cioè una integrazione sulle linee guida, varate nel 1998, per quanto riguarda la riabilitazione in modo da includervi anche quella oncologica». Questo passo sarebbe l'anticamera dell'inserimento nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, ovvero nelle prestazioni che devono essere garantite e rimborsate a tutti i cittadini. «In questo modo – ha chiarito Sacconi - sarà possibile orientare meglio le attività del Ssn che, su tale fronte, sono a macchia di leopardo». La seconda proposta a cui il ministero sta lavorando è estendere anche ai malati oncologici i rimborsi Inps per le cure termali, tradizionalmente previste per i disturbi del movimento. «Un impegno importante - ha commentato Francesco De Lorenzo, presidente Favo - anche in ragione del fatto che un terzo degli invalidi assistiti dall’Inps ha avuto patologie tumorali».

IL LIBRO BIANCO - Il volume è stato promosso dalla Favo, con la collaborazione di vari istituti a carattere scientifico (Istituto nazionale dei tumori di Milano, Fondazione Maugeri di Pavia, Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova), Regioni (Rete oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta e Centro di riabilitazione oncologica Asl 10 di Firenze), associazioni di volontariato (Ailar, Aimac, Aistom, Amoc, Andos, Antea, Aopi, Gigi Ghirotti, Irene non più sola, Vela, Finco) e società scientifiche (Aiom, Simfer, Sipo).

Donatella Barus

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