di Vera Martinella
Un diritto in più per le oltre 300 mila persone che ogni anno in Italia si ammalano di cancro: quello a conservare lavoro e stipendio durante le cure.
Lo ha sancito un decreto legislativo (in attuazione dell' articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183) approvato di recente grazie alla tenacia dell' Associazione italiana malati di cancro. In Italia vivono circa 690 mila persone che affrontano una diagnosi di cancro in età lavorativa. Secondo i dati presentati durante l'ultima Giornata nazionale del malato oncologico, organizzata dalla Favo (Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia), tre malati su quattro vogliono continuare a lavorare, ad essere parte attiva della società, ma spesso non sanno che esistono norme che prevedono specifiche tutele e facilitano il reinserimento (prevedendo, ad esempio, il passaggio al part time). Finora chi veniva colpito dal tumore, se si assentava per le cure oltre al periodo previsto dal contratto di lavoro perdeva la retribuzione. «Ora non sarà più così - spiega Elisabetta Iannelli, vice presidente di Aimac -. I lavoratori cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento potranno fruire, oltre alle assenze per malattia previste dai contratti, di un congedo per cure (non più di trenta giorni, anche frazionati)». E durante il congedo il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime delle assenze per malattia. La necessità della cura in relazione all' infermità invalidante riconosciuta deve, tuttavia, risultare espressamente dalla domanda del dipendente interessato, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica. «Occorre essere consapevoli, comunque, - aggiunge Marco Venturini, presidente eletto dell' Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - che chi è colpito da tumore può continuare a lavorare, ma anche che le sue prestazioni possono cambiare». Ad esempio, un intervento chirurgico può comportare lunghi periodi di ripresa (o cambiamenti definitivi) e la chemioterapia richiede tempi di recupero e specifico sostegno: i pazienti, consapevoli della loro situazione e della tossicità delle cure, possono e devono lavorare, ma non necessariamente come prima della malattia. Anche l' Inps, infine, farà la sua parte: «I pazienti oncologici non saranno sottoposti a visite fiscali ripetitive e invasive che rischiano di incidere sui tempi delle cure» conclude Massimo Piccioni, presidente della Commissione medica superiore dell' Istituto.
Fonte: Corriere della Sera (domenica 2 ottobre 2011, pag. 61)
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