Alla Camera presentata la proposta di legge che tutela il lavoro dei malati di cancro.
On. Vincenzo D'Arienzo (PD): “Tumori, per 9 malati su 10 il lavoro è terapeutico. Aumentiamo i giorni di comporto per tutelare il posto di lavoro dei malati di cancro” Avv. Elisabetta Iannelli (FAVO): “Con questa proposta di legge delega si intende riportare ad equità la tutela del posto di lavoro dei malati oncologici. È necessario garantire la loro inclusione nel mondo produttivo affinché a guarigione clinica corrisponda guarigione sociale”
Roma, 3 febbraio 2016 – Si è tenuto oggi alla Camera dei Deputati un convegno per dibattere i temi centrali della proposta di legge (A.C. 3324/2015), presentata dall'On. Vincenzo D'Arienzo con il contributo della Federazione Italiana delle Associazioni Volontariato in Oncologia (FAVO), con l’obiettivo di uniformare la disciplina del periodo di comporto per i malati oncologici. Al dibattito hanno partecipato i presidenti delle Commissioni Lavoro di Senato e Camera, Sen. Maurizio Sacconi e On. Cesare Damiano.
In Italia il numero delle persone con una diagnosi di tumore (recente o passata) continua a crescere: erano 2.600.000 nel 2010 e 3 milioni nel 2015, di cui 1 persona su 4 può considerarsi “guarita” (dati AIRTUM).
Ma il cancro non è una patologia che colpisce solo chi è avanti con l'età: sono circa 700mila le persone in età lavorativa con diagnosi di cancro. E’ possibile stimare che in Italia 274.000 persone sono state licenziate, costrette alle dimissioni, oppure a cessare la propria attività o comunque hanno perso il lavoro a seguito delle conseguenze della diagnosi di tumore, di cui quasi 85.000 negli ultimi cinque anni.
I malati di cancro sono persone a rischio povertà – afferma l'Avv. Elisabetta Iannelli (Segretario Generale FAVO) - poiché, nonostante il SSN universalistico, la malattia genera un aumento dei costi sociali diretti e indiretti. In poche parole: meno redditi e più costi. È la sintesi dell’impatto del tumore sulla situazione economica dei pazienti. L'indagine FAVO-CENSIS del 2012 ha rivelato che il 78% dei malati oncologici, infatti, ha subito un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi: il 36,8% ha dovuto fare assenze, il 20,5% è stato costretto a lasciare l’impiego e il 10,2% si è dimesso o ha cessato l’attività (in caso di lavoratore autonomo).
La legge in vigore - dichiara Vincenzo D'Arienzo, deputato PD - non prevede una disciplina specifica per le patologie oncologiche del periodo di comporto, ovvero il periodo nell'ambito del quale il lavoratore non può essere licenziato, ma la regolamentazione rinvia alla contrattazione collettiva. Al termine del periodo di conservazione del posto di lavoro, il datore di lavoro può recedere dal rapporto e il licenziamento e' considerato giustificato per motivo oggettivo. Il computo del periodo di comporto è particolarmente svantaggioso in casi di malattie oncologiche nelle quali, come è noto, possono facilmente alternarsi periodi di piena abilità al lavoro con altri, solitamente a ridosso di cicli di trattamento terapeutico, in cui è impossibile prestare l’attività lavorativa e risulta necessario assentarsi per malattia.
“E' forse accettabile - dichiara Iannelli - che la "maestrina dalla penna rossa" ammalata di cancro sia tutelata in diverso modo a seconda del tipo di contratto di lavoro, pubblico o privato, dipendente o autonomo? Il cancro non fa differenze, non privilegia o discrimina nessuno! Eppure la nostra Maestrina, se insegnasse nella scuola pubblica, potrebbe curarsi per lunghi periodi senza rischiare di perdere il lavoro; se, invece, insegnasse in un istituto privato, il suo posto di lavoro sarebbe tutelato solo per 180 giorni in un anno solare. Se la povera Maestrina, poi, fosse una lavoratrice autonoma, il suo reddito nel periodo delle cure sarebbe indennizzato solo per 61 giorni all'anno!”. E' compito dello Stato disciplinare questa materia. Non è ammissibile che a farlo sia un semplice accordo tra le parti: non è garantita l’omogeneità di trattamento tra malati la cui differenza di trattamento – a parità di malattia - dipende dal rapporto di lavoro.
I principi fondamentali contenuti nella proposta di legge (A.C. 3324/2015) sono:
1. omogeneizzare il periodo di comporto per tutti i lavoratori dipendenti ed equiparare lavoratori privati e pubblici;
2. prevedere per le terapie salvavita un ulteriore periodo di comporto retribuito, aggiuntivo rispetto al periodo di comporto ordinario;
3. prevedere, anche per il settore privato, un periodo di aspettativa non retribuita, con conservazione del posto di lavoro, al termine del periodo di comporto riconosciuto;
4. prevedere per i lavoratori autonomi affetti da patologie oncologiche l'aumento del periodo previsto per il riconoscimento dell’indennità di malattia.
5. prevedere l'obbligo per il datore di lavoro di comunicare al lavoratore, con almeno trenta giorni di anticipo sulla scadenza, che il periodo di comporto sta per scadere
6. escludere dal computo del periodo di comporto: i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital per terapie salvavita ed i giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali di dette terapie, debitamente certificati.
“La ricerca medica e scientifica ha portato nel corso degli ultimi anni a terapie sempre più efficaci contro il cancro - ha sottolineato il prof. Carmine Pinto presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) - gli effetti collaterali sono più contenuti rispetto al passato e permettono ai pazienti di avere una buona qualità di vita durante e dopo le terapie. Le Istituzioni devono quindi tener conto di questa categoria sociale e creare tutti gli strumenti necessari affinché chi ha incontrato la malattia sulla propria strada possa continuare a condurre una vita normale”.
“Secondo il sondaggio dell'Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMaC) – Piepoli, il 97% delle persone malate vuole continuare a lavorare ed essere parte attiva della società – spiega l'Avv. Iannelli - e il lavoro aiuta a sopportare meglio i trattamenti. La perdita involontaria dell’occupazione o di giornate di lavoro, rivela che, malgrado gli sforzi di adattamento dei pazienti, si entra in una fase di non facile conciliazione tra condizione di salute e lavoro. Il cancro si combatte anche nei luoghi di lavoro”.
"E' anche importante che quanto prima le partite IVA colpite da patologie gravi, come quelle oncologiche, possano vivere con dignità – afferma Daniela Fregosi, alias Afrodite K - con quella base di tutele che la stessa Costituzione prevede per tutti i lavoratori in difficoltà perché se lo Stato fa differenza tra lavoratori, purtroppo la malattia non ne fa."
Il Prof. Massimo Piccioni (Coordinatore Generale medico legale INPS) ha sottolineato la necessità che l’intero impianto normativo posto a tutela del lavoratore malato di gravi patologie sia oggetto di una armonica rivisitazione che, nel rispetto dei vincoli economici, non trascuri un pieno ristoro della fragilità – economica e fisica - che la malattia, specie quella importante, determina nei lavoratori. Oggi più che mai, è indispensabile garantire una “gestione globale della tutela previdenziale della malattia”.