Il tumore del seno è la neoplasia più frequente nel sesso femminile ma oggi 8 malate su 10 lo superano. Donne molto spesso giovani (il 5% è sotto i 40 anni) che non vogliono più essere chiamate “pazienti” e che esigono pieni diritti, nel lavoro e in famiglia. La storia della prima italiana che dopo il tumore del seno ha potuto adottare una bambina è fra le più toccanti di “Ho vinto io: la vita dopo il tumore al seno” (Giunti editore), il volume di testimonianze di persone guarite promosso dalla Fondazione AIOM.

La conferenza stampa di presentazione del libro si è tenuta il 20 aprile alle 12 al Senato della Repubblica, Sala Caduti di Nassiriya, con la partecipazione del prof. Ferruccio Fazio, Ministro della Salute, della sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati, Sottosegretario di Stato alla Giustizia, del prof. Francesco Boccardo, presidente della Fondazione Aiom, del prof. Carmelo Iacono, presidente nazionale AIOM, del prof. Francesco Cognetti, Direttore Dipartimento Oncologia Medica IRCCS Regina Elena di Roma, dell’avv. Elisabetta Iannelli, vicepresidente AIMaC e del dr. Raffaele Sabia, Direttore medico di Astrazeneca Italia. L’incontro è stato moderato da Mauro Boldrini, giornalista, direttore della comunicazione della Fondazione AIOM ed autore del volume.

Un’iniziativa pensata per fornire coraggio e informazioni preziose a tutte le donne che stanno affrontando questa malattia e ai loro familiari con un risvolto filantropico: il ricavato del libro, già disponibile nelle librerie italiane, sarà destinato a borse di studio e progetti di ricerca promossi dalla Fondazione sul tumore del seno.

Elisabetta Iannelli, avvocato, è una delle protagoniste di “Ho vinto io”, e racconta in prima persona il valore di questo libro, che è un messaggio di speranza da cui può nascere la vera rivoluzione culturale nei confronti del cancro.  “A quasi 18 anni dalla diagnosi, in questa fase della vita che definirei di “maturità oncologica” – testimonia Iannelli - posso ben dire che con il cancro si può convivere e le donne che hanno condiviso la loro esperienza nel libro “Ho vinto io” ne sono, come lo sono io, la prova vivente. Nel 1993, quando il mio cammino è iniziato, in pochi l’avrebbero creduto possibile. Ho sempre avvertito il peso della testimonianza, raccontavo ai medici che mi auguravo di poter essere un “caso” interessante, un esempio di controllo della malattia o addirittura di guarigione per poter essere d’aiuto”. La testimonianza di Elisabetta Iannelli, infatti, porta alla luce anche l’importanza del volontariato oncologico: “La mia storia di paziente si fonde, inevitabilmente, con il mio impegno nel volontariato iniziato nel 2000, l’anno che ha segnato il momento più critico di tutta la mia malattia. Da lì sono ripartita con un’altra grinta, è emersa la mia voglia d’impegnarmi, la rabbia e il desiderio di dare un significato a questa sofferenza. Non sapevo bene come incanalare tutta questa energia, poi ho scoperto AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici www.aimac.it), l’associazione nata dall’esperienza di malato del suo fondatore e presidente Francesco De Lorenzo, che si occupa di colmare il vuoto informativo in cui i malati spesso si trovano. Ho capito che, come giurista, avrei potuto apportare un contributo significativo. E mi sono impegnata anima e corpo, com’è nel mio stile. Con il professor De Lorenzo abbiamo saputo trasformare la comune sofferenza causata dal cancro in un’esplosione d’iniziative e vittorie sul campo, per i diritti dei malati e il miglioramento della qualità della vita di chi si ammala. Una società che non arriva a capire che chi ha avuto un cancro è prima di tutto una persona – conclude Iannelli - è una società che nega i diritti per fretta, superficialità, ignoranza rispetto ai progressi della medicina. Non vogliamo essere trattati tutta la vita come malati”.
 

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