Un primo rimedio è una maggiore applicazione delle leggi, le più avanzate d' Europa Un caregiver su tre deve sostenere a sua volta spese mediche per la propria salute
Fonte: Corriere della Sera del 20 maggio 2012
di Vera Martinella
Prima c'è la diagnosi di tumore, con la paura, la fatica e il "prezzo" (fisico e psicologico) che ne consegue. Poi vengono, per il diretto interessato e per chi lo accudisce, il caregiver, i costi di visite, esami, fisioterapisti, farmaci, trasporti. E a questi vanno aggiunti i costi indiretti legati alla riduzione del reddito, per ore di lavoro perse o per introiti mancati. Le stime parlano di più di 36 miliardi di euro spesi ogni anno dalle famiglie italiane per accudire un malato di tumore, che si sommano ai costi sostenuti direttamente dal Servizio sanitario nazionale per diagnosi e terapie. Finora nessuno in Italia si era messo a fare i conti. Ora ci ha pensato la Federazione italiana delle Associazioni del Volontariato in Oncologia (Favo) nel suo IV Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato nei giorni scorsi a Roma e realizzato in collaborazione con Censis, Inps, Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Airo (Associazione italiana di radioterapia), Sie (Società italiana di ematologia), Sipo (Società italiana di psiconcologia), Federazione italiana dei medici di medicina generale, Federsanità, Istituto tumori di Milano e Direzione generale sistema informativo del Ministero della Salute.
Il risultato dell' impatto del tumore sulla situazione economica di pazienti e caregiver? «Si tratta di una spesa che vale due finanziarie - evidenzia Francesco De Lorenzo, presidente di Favo, in occasione della Giornata nazionale del malato oncologico -. Un primo immediato rimedio è una maggiore applicazione delle leggi che tutelano i lavoratori malati e i loro familiari, leggi oggi all' avanguardia in Europa». Fra costi diretti e indiretti ogni paziente si ritrova con oltre 34 mila euro in meno ogni anno, quasi 3 mila euro al mese che "mancano" dal bilancio familiare. Le stime si basano su un' indagine condotta da Favo e Censis su 1.055 pazienti e 713 caregiver che hanno avuto una diagnosi di tumore negli ultimi cinque anni. Per capire di che si tratta bisogna innanzitutto scindere le spese effettivamente sostenute di tasca propria (ovvero i costi diretti) e quelle indirette (cioè i redditi mancati per assenze forzate sul lavoro o per cessazione dell' attività lavorativa, che incidono per ben l' 84 per cento del totale). Fra le prime pesa in modo particolare la voce spese mediche, tra le quali è alta la quota per farmaci, cui si aggiungono visite, esami, prestazioni di fisioterapia o riabilitazione.
Tra i soldi concretamente spesi da malati e familiari ci sono poi quelli legati a trasferte per le cure (trasporti, alberghi) e all' assistenza privata (ovvero colf, assistenti domiciliari, badanti). Fra i costi indiretti, invece, il grosso è rappresentato dal valore delle ore di lavoro perse e i conseguenti redditi sfumati per pazienti e caregiver. «E' importante sottolineare - aggiunge Elisabetta Iannelli, segretario Favo - che le spese per badanti e colf rimangono alte anche oltre i cinque anni dalla diagnosi. Insomma, se è vero che sempre più dal tumore si guarisce è altrettanto vero che i costi che la malattia genera si protraggono nel tempo: per questo serve un supporto prolungato per affiancare i grandi sforzi della rete familiare. Anche perché il più accelerato rientro nella vita sociale e lavorativa (i tempi di reinserimento si sono drasticamente ridotti negli ultimi dieci anni, passando da 17 a 4 mesi, per effetto di cure molto più efficaci) non evita di dovere affrontare con risorse proprie spese di vario tipo e non riporta le persone alla capacità di produzione di reddito pre-malattia».
L' indagine, infatti, ha anche consentito di rilevare le entrate assistenziali e previdenziali dei pazienti, composte da voci diverse, che vanno dall' indennità di accompagnamento agli assegni di invalidità e che hanno un valore intorno al 10 per cento dei mancati redditi. «Una copertura che i malati giudicano insufficiente - precisa Carla Colicelli, vicedirettore generale del Censis -, condizione confermata dal fatto che moltissimi malati dichiarano di ricevere aiuto economico da parenti e amici, a testimonianza di come la rete informale sia significativa anche sul piano del supporto economico». Infine, non si possono tralasciare i costi psicologici che tutto questo comporta. «Malati e familiari pagano un prezzo elevato anche in disturbi psicofisici: dall' ansia e dalla debolezza ai problemi relativi all' aspetto fisico o alla sfera sessuale. Tanto che un caregiver su tre finisce per dover affrontare a sua volta spese mediche per la propria salute, dai farmaci ai ricoveri» conclude Anna Costantini, presidente della Società italiana di psiconcologia.