Fonte: Corriere Nazionale del 18 maggio 2012
di Duccio Rugani
Esaminata con attenzione la lettera che volontari della lotta al cancro, oncologi ed ematologi hanno inviato di recente al ministro della Salute Renato Balduzzi ci si rende conto di quanto siano privi di significato i molti annunci che appaiono sui giornali riguardo a scoperte innovative nella lotta alle malattie dell’uomo. Chi infatti legge di unostudio condotto negli Usa, per esempio dai ricercatori della Columbia University o da quelli del Nih di Bethesda, e ritiene che quanto creato possa dargli una speranza di guarigione, posto che il farmaco sia messo in produzione, dovrà attendere anni prima di
poterne provare i benefici. In pratica, il farmaco al momento dell’ingresso in Europa viene sottoposto ad una valutazione da parte della Ema (European Medicines Agency) che ha il potere di rilasciare
l’autorizzazione all’immissione in commercio, superata la quale, in base alle norme comunitarie, entra in gioco l’Aifa (Agenzia Italiana del farmaco), organismo di diritto pubblico che disciplinerà le modalità
di commercializzazione e deciderà l’eventuale somministrazione a carico del SSN (Servizio Sanitario Nazionale). Per questo percorso occorrono mediamente da 12 a 15 mesi,mase questo lasso di
tempo può risultare in parte ragionevole, molto meno comprensibile è il successivo periodo di attesa per la somministrazione gratuita del farmaco che - secondo i calcoli di Favo, Aiom e Sie - può arrivare
anche a cinquanta mesi. Si tratta di una nuova procedura valutativa che le commissioni tecnico-scientifiche regionali richiedono per l’inserimento nei propri Prontuari Terapeutici.
Quale approccio alla questione e quali diverse competenze abbiano queste commissioni rispetto ai comitati europei e nazionali che l’hanno precedute, sfugge alla comprensionedi chi affettoda untumore vede risolutivo l’ottenimento del farmaco salvavita. E difatti, oltre la Provincia autonoma di Bolzano, ci sono quattro regioni (Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche e Piemonte) che ritengono sufficiente il pronunciamento Aifa per rendere disponibile il farmaco. Che dire? A Balduzzi è stato chiesto con veemenza di impedire la disparità di trattamento che si ha al momento in cui in alcune regioni si possono usare farmaci preclusi ai pazienti di altre. In secondo luogo va rilevato che tutta questa burocrazia che mette al riparo le amministrazioni regionali dal dover affrontare costi ulteriori per le forniture sanitarie andrebbe giustificata e pubblicizzata almomento in cui si rende conto di comesi è gestita la salute degli elettori.